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IL REGISTRO ELETTRONICO: PERICOLO O OPPORTUNITÀ

 

 

 


Dopo le innumerevoli riforme che si sono susseguite in questi anni travagliati, in questi giorni nelle scuole della Provincia si sta sviluppando il dibattito sull’ultimo tentativo di “rinnovare” la Scuola italiana: il fantomatico registro elettronico, con la cui introduzione si attuerebbe il Piano di dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione e si contribuirebbe in modo sostanzioso alla riduzione della spesa delle amministrazioni statali e degli enti territoriali. Come però, purtroppo, accade da decenni ci troviamo di fronte al classico matrimonio con i fichi secchi, voluto dal Ministro di turno per tentare di passare alla storia.

Per l’uso definitivo del registro elettronico, voluto oltre un anno fa dal Governo Monti con il D.L. 95/2012, manca ancora il piano di dematerializzazione da parte del Miur e l’approvazione da parte del Garante della privacy e, pertanto, non può essere ancora obbligatorio. Il ritardo, però, è dovuto anche ad un elementare fattore condizionante: non esistono riforme a costo zero. E’ necessario, infatti, dotare le scuole di reti internet, programmi software gestionali e strumentazioni informatiche; poi dovrà essere formato il personale e data la giusta informazione a famiglie ed alunni.

Sappiamo bene, infatti, che, allo stato attuale, oltre la metà delle nostre scuole in provincia non è ancora attrezzata per gestire questa novità e che la gran parte delle famiglie pontine è ancora disinformata.

Non ci vogliamo unire al coro di quanti osteggiano a priori il registro elettronico e che pensano, giustamente, che altre siano le priorità, dall’edilizia scolastica alle risorse economiche, a volte insufficienti anche per dotare i bagni di carta igienica.

Preferiamo dare il nostro contributo al dibattito in atto sull’uso di questo strumento, per non rinunciare al sogno di una scuola efficiente, trasparente, al passo con tempi.

Già alcuni anni fa, alcune scuole della provincia avevano sperimentato il “totem”, un terminale, posizionato solitamente nell’atrio dell’edificio scolastico, messo a disposizione delle famiglie per accedere alle informazioni dei propri figli, in formato elettronico.

Le criticità di cui si discute maggiormente in questo periodo sono relative a due questioni fondamentali: il timore che la rete, realizzata con la più economica modalità wireless (come sembra far capire il recente D.L. 104/2013) possa generare radiazioni pericolose per un organismo umano ancora nella fase della crescita, cioè i nostri alunni, ed il rischio della diffusione indebita di dati sensibili di studenti e loro famiglie, sempre possibile con un trattamento telematico delle informazioni, non adeguatamente protetto.

Ad oggi, però, non è stata data la giusta attenzione ad un aspetto, che se non è ben valutato e gestito potrebbe causare danni maggiori dei precedenti. Ci riferiamo al rischio che la dimensione virtuale si possa insinuare, in modo subdolo, nella vita scolastica quotidiana fino a sostituirsi alle azioni, ai gesti concreti, alle parole e perfino ai pensieri.

Proviamo, infatti, ad immaginare una scuola ideale a misura di registro elettronico, un edificio concreto con aule grandi e adeguatamente illuminate, dotate di un terminale collegato a internet, dove  inserire, con disinvoltura, dati protetti tramite un particolare software che ne garantisca la sicurezza.

Quotidianamente, con metodica puntualità, ogni docente potrebbe così annotare assenze, voti, infrazioni, inserendo numeri e lettere in apposite caselle. I genitori coglierebbero l’opportunità di collegarsi in qualsiasi momento della giornata e di informarsi in modo rapido e in tempo reale sulla situazione scolastica dei propri figli, senza dover “perdere” tempo, prezioso per altre esigenze, giudicate spesso più importanti dell’educazione e dell’istruzione dei propri figli.

In realtà, l’introduzione del registro elettronico, pur se proposta, o meglio imposta, in un mondo dominato dal mito della tecnologia, presenta il rischio inaccettabile della incomunicabilità tra scuola e famiglia e, quel che è peggio, tra genitori e figli.

Sappiamo bene, invece, che il rapporto di reciproca fiducia si costruisce attraverso il tempo, anche in virtù di domande inespresse, di risposte non date, di pazienti attese, che concedono il tempo per crescere, maturare, riconoscere gli errori commessi e accrescono la capacità di reagire alle sconfitte, nella consapevolezza di non essere soli.

La famiglia, che viene presentata come la principale beneficiaria di questa innovazione, è quella che rischia di più, in termini di relazioni, a meno che gli adulti non decidano di “gettare la password” e di continuare a dedicare attenzione ai propri figli, a osservarli, a scrutare con discrezione, ad accettare anche una bugia, nell’attesa che la fiducia vinca la paura. Per i docenti, paradossalmente, il registro elettronico, se freddamente adoperato, potrebbe diventare un mezzo esclusivo per prendere le distanze da una realtà che diventa ogni giorno più problematica, generatrice di tensioni e preoccupazioni che invadono anche gli spazi della vita privata.

Ben vengano le innovazioni tecnologiche, ma la tanto vantata introduzione del registro elettronico non è la panacea di tutti i mali e rischia di confondere lo strumento con il fine: la pratica della Buona Scuola.

La scuola non è un ufficio dove espletare una pratica, per la quale è nettamente preferibile la gestione telematica. E’ e deve continuare ad essere una comunità educante dove l’obiettivo l’obbiettivo da raggiungere non è soltanto la crescita culturale, ma anche quella personale e sociale delle ragazze e  dei ragazzi, quella che veniva definita la formazione dell’uomo e del cittadino.

Una volta eliminata le relazioni umane, seppur conflittuali, ma feconde di dubbi e riflessioni esistenziali, nelle scuole resterà solo il vuoto e la solitudine dei ragazzi e delle ragazze che annegano nel mare infinito di Internet.

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