Roma, 26 settembre 2013
Il nostro paese deve “aver  cura del talento femminile e  permettere a tutte le donne di sprigionare le loro  energie  intellettuali e professionali”. Lo ha detto il ministro   dell’Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Maria Chiara Carrozza,   intervenendo al convegno 'Donne, scienza e tecnologia: dal talento  femminile  un'opportunità per l'Italia', organizzato da Valore D a  Milano.
 “C'è bisogno di combattere gli stereotipi  negativi e offrire modelli  positivi alle ragazze italiane, per attrarle verso  la ricerca e lo  studio delle materie scientifiche e tecnologiche. Partiamo da  un  principio rassicurante e da un incoraggiamento a darsi da fare: il  destino  dell’Italia non è segnato dal declino. Partiamo dalla base:  dalla scuola.  Lunedì - ha ricordato Maria Chiara Carrozza - ho avuto  l’onore di partecipare  alle celebrazioni per l’inizio dell’anno  scolastico al Quirinale con il  Presidente Napolitano. Il Capo dello  Stato ci ha ricordato un dato positivo per  le nostre studentesse, in un  contesto negativo per il nostro sistema educativo.  Mi riferisco alla  dispersione scolastica, che colpisce molto di più la  popolazione  studentesca maschile di quella femminile. L’Italia si trova in  ritardo  rispetto agli obiettivi della Strategia Europa 2020, che prevede una   riduzione della dispersione scolastica sotto il 10% entro il 2020: siamo  al  quart’ultimo posto, ma il divario con il dato medio europeo è più  accentuato  per la componente maschile (20,5% contro 14,5%), in  confronto a quella  femminile (14,5% contro 11,0%). Allo stesso tempo,  gli ottimi risultati delle  nostre studentesse a scuola non ricevono  ancora un adeguato riconoscimento  professionale e sociale, a partire  dal lavoro, se consideriamo l’ampio divario  tra l’occupazione femminile  in Italia (e in particolare al Sud) e nel resto  d’Europa. Con questa  situazione dobbiamo essere severi e rigorosi – ha  sottolineato il  Ministro -. Come possiamo incentivare la partecipazione  femminile nel  mondo del lavoro, nel mondo della scienza, nel mondo  dell’impresa,  riconoscere i talenti femminili e dare loro spazi adeguati? Qui è   importante considerare il ruolo delle istituzioni per la crescita e per  il  cambiamento. Un cambiamento che riguarda l’Italia, anzitutto - ha  aggiunto il  Ministro - ma coinvolge tutta l’Europa, visto che anche la  Commissione Europea  ha sottolineato l’importanza di puntare sul  potenziale delle donne. Penso al  potenziale imprenditoriale, visto che  le donne attualmente sono solo un terzo  degli imprenditori europei.  Penso anche al potenziale della ricerca. Ho visto,  come potete  immaginare, moltissimi uomini e pochissime donne in ruoli  dirigenziali  soprattutto nelle imprese e nel mondo delle banche. Faccio   un’esortazione, su questo: recuperiamo la creatività italiana, la parte  sana  del nostro individualismo, e la capacità di ribellarci  all’omologazione.  Qualcosa di sbagliato ci sarà nella società se non ci  sono donne nei ruoli di  vertice. Le statistiche europee della  pubblicazione She Figures ci dicono che,  anche se le ragazze laureate  sono il 59% del totale, le donne professori  ordinari sono solo il 20%”.  Una cifra “che scende ancora, se consideriamo chi  dirige un’università  o istituzione di ricerca. Questo è chiaramente un problema  culturale –  ha detto Carrozza - Per me è paradossale che ciò avvenga nel mondo   della ricerca e della cultura dove si dovrebbe essere 'faro' per la  società e  non fanalino di coda. Nel 2014 ci sarà un'inversione di  tendenza con un  recupero sul blocco parziale del turn over che porterà  all'apertura di nuove  posizioni. Dobbiamo migliorare la nostra capacità  di attrarre giovani talenti  creando un ambiente favorevole alla loro  carriera, in funzione della carta  europea del ricercatore. Il mio  compito, come ricercatrice e come Ministro, è  quello di fare tutto il  possibile per rafforzare le istituzioni della  conoscenza nel nostro  Paese. I dati  sulla competitività italiana – ha chiuso il Ministro -  sono drammatici,  denotano arretratezza culturale, istituzionale e  organizzativa, e' il momento  di dire che non accettiamo più questa  regressione e che esigiamo un  cambiamento, a partire da noi stessi, e  dal nostro lavoro quotidiano”.
Fonte: MIUR
 
											
 
						 
						 
						 
						 
						 
						 
						 
						 
						 
						 
						 
						 
						 
						 
						